lunedì 28 novembre 2011

Io c'ero!


Gioite con me: finalmente ce l'ho fatta!

Sabato 26 novembre 2011, alle ore 21, ero all'Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO)
per il primo concerto dell'On the Run tour di Paul McCartney.

Vorrei dirvi tante cose, vorrei descrivervi quello che ho provato e quello che mi è rimasto dentro di questa bellissima esperienza, ma la verità è che non conosco parole
che possano esprimere con efficacia il mio stato d'animo: forse, nemmeno esiste sul vocabolario un termine che possa rendere l'idea della bellezza e dello stordimento di un'emozione così forte.

Finalmente conosco il sapore dolce di un Sogno divenuto realtà!

venerdì 18 novembre 2011

Customer Satisfaction

Finalmente.

Non amo dire "per sempre", eppure questa volta mi auguro di poterlo fare.

Io ho chiuso coi parrucchieri.

Resisterò con le unghie e con i denti, non voglio entrare mai più in un hair salon.

Ne ho cambiati tanti in vita mia, ognuno di loro mi ha tediata in maniera insopportabile, e se non sono stati loro a farmi qualche sgarbo, ci pensava l'amica di turno a litigarci e a rendermi impossibile continuare ad andarci.

So che ci sono donne che passerebbero la vita a farsi massaggiare la testa dal massimo esperto di tricologia dietro l'angolo: io ho molto rispetto per il loro personalissimo gusto, ma non riesco a condividerlo. Io non amo molto farmi toccare i capelli, ma ovviamente paziento in nome di una buona piega. Quello che però non sopporto, quello che mi provoca un vero e proprio fastidio fisico, è il parrucchiere che fa la ruota come i pavoni e filosofeggia in materia di hair styling.

Purtroppo, molti dei "professionisti" a cui mi sono rivolta in passato avevano una considerazione di se stessi talmente alta da rendermi impossibile la loro frequentazione. Non lo dico per spocchia, anzi: forse, quando mi recavo nei loro saloni di bellezza, semplicemente il locale non era in grado di contenere entrambi i nostri ego.

Da quello che mi tampinava ogni settimana affinché acquistassi i suoi prodotti, a quello che mi faceva talmente tante domande personali che mi sembrava di essere sotto interrogatorio, ne ho provati tantissimi. L'ultimo è stato il peggiore di tutti: era comodo perché si trovava sotto casa, ma le rare volte che ingarrava un taglio, lo faceva non intenzionalmente. Come molti suoi predecessori, aveva cominciato a servirmi lui per poi affibbiarmi sempre alla prima lavorante disponibile, insisteva molto affinché acquistassi i suoi prodotti e l'ultima volta che ci sono andata, siccome mancavo dal suo negozio da parecchio tempo, mi ha rivolto le seguenti parole d'amore urlando davanti a tutti: "Come ti sei combinata!". E allora basta.

Qualche tempo fa, avendo necessità di un taglio, avevo deciso di approfittare di un deal sul sito http://www.poinx.it/: 12 euro per shampoo, trattamento, taglio e piega presso un noto hairdresser salernitano. Visti i tempi di vacche magre, ho deciso di cedere e ho prenotato.

Il giorno presecelto, mi presento presso il negozio in orario perfetto e vengo accolta dallo sguardo imbarazzato dei lavoranti. Vedo che sono tutti alle prese con shampoo, per cui comincio a preoccuparmi del tempo di attesa che dovrò affrontare. Dopo circa cinque minuti mi si avvicina uno dei ragazzi e mi fa con aria contrita: "Signooooraaaa (espressione con boccuccia a cuore e voce lamentosa), mi dispiace, c'è stato un contrattempo: l'hair stylist (di cui non farò il nome, n.d.a.) è stato chiamato con urgenza in una trasmissione televisiva e non potrà essere qui prima di un'oretta, lei può aspettare?".

Ora, non ho la certezza di aver dato loro il mio numero di cellulare per eventuali comunicazioni, ma la cosa mi ha talmente irritata che ho semplicemente detto: "No. Arrivederci".

In un momento, mi sono ritornati in mente tutti i motivi che mi tengono lontana dai parrucchieri: la spocchia che quasi tutti quelli che ho incontrato sul mio cammino hanno dimostrato nei miei confronti, quella piccineria d'animo, le attese interminabili, i giornali di infimo ordine... Non mi va più.

Lo so, ci sono persone che fanno il proprio dovere con onestà e umiltà: come il parrucchiere da cui sono volata subito dopo quell'altro. Un ex panettiere reinventatosi hairdresser che mi ha fatto una piega molto ben costruita senza riempirmi di pistolotti pubblicitari e autoreferenziali nel corso della seduta. Unico neo, mi ha tenuta sotto due ore, e io non voglio metterci tutto questo tempo per sistemarmi i capelli.

Dopo tutta questa filippica, potreste chiedermi perché ho intitolato questo post "Customer Satisfaction": ebbene, voglio raccontarvi com'è andata a finire col simpatico hair dresser che mi ha solata.

L'altro ieri ho inviato una lettera di lamentele al sito presso il quale avevo acquistato il buono. Stamattina mi hanno riaccreditato sul profilo la (minima) somma spesa e potrò riutilizzarla per futuri acquisti. Sono rimasta talmente contenta della velocità di risposta e anche, malignamente, all'idea di non aver regalato i miei soldi ad una persona che mi ha mollata per andarsene in tv, che volevo rendervi partecipe di questa piccola vittoria.

Chapeau al sito PoinX perché mi hanno davvero regalato un momento di grandissima Customer Satisfaction :-)

P.S. Da due settimane c'è nella mia vita una simpatica ragazza che lavora a domicilio e che mi sta consolando, con la sua discrezione, di tutti i torti subiti: che Dio me la conservi.

mercoledì 12 ottobre 2011

Marianna Waters, ovvero: come infatuarsi del bassista dei Pink Floyd ed inguaiarsi l'adolescenza.

Quest'uomo qui affianco, guardatelo bene.

Sembra innocente (a parte per quella sigaretta di dubbia origine che stringe fra le labbra... vabbeh). E invece, ha letteralmente imperversato per anni e anni nella mia vita, generando alcuni eventi, impedendone altri, modificando sostanzialmente il corso della mia adolescenza.

Colpa mia, è indubbio: solo io potevo conservare nel cuore una tale passione assurda e lasciare che una figura fittizia (perché diciamocelo, ma questo signore, chi lo conosce?) mi inguaiasse i migliori anni della mia vita. Colpa mia, ma anche del destino, che ha collocato la sua copia sputata nella classe accanto alla mia, al liceo.

George Roger Waters, nato a Great Bookham (UK) il 6 settembre 1943 (ma io sono stata convinta per anni che fosse nato il 9), è stato bassista, paroliere e frontman dei Pink Floyd sin dalla dipartita (fisica e mentale) dell'amico Roger ("Syd") Barrett, artista genialoide, innovatore della sei corde e appassionato di sostanze psicotrope fino alla completa follia.

Dotato di un caratterino niente male (nel 1977 ha sputato addosso ad un fan troppo scatenato durante un concerto; nel 1983 ha deciso che il tastierista storico della band, membro fondatore esattamente come lui, era in realtà un mero sessionman e l'ha cacciato; nel 1986 ha fatto causa agli ex compagni perché lui aveva detto che il gruppo era sciolto, come si permettevano di continuare senza il suo assenso?), a me piaceva per la sua aria tormentata e per i suoi testi saturi di dolore per la perdita del padre, morto ad Anzio poco dopo la sua nascita. O forse, più semplicemente, mi piaceva perché è il mio tipo: decisamente alto, spalle molto larghe e naso pronunciato. E poi, perché è un bassista (ho una passione per la chitarra basso e per molti fra i suoi suonatori, non so perché).

Non me ne importava un fico secco che fosse un po' str*#zo, megalomane e anche decisamente incline al matrimonio multiplo (è stato sposato 3 volte con donne che sono una la fotocopia dell'altra - e tutte completamente diverse da me).

La cosa, forse, sarebbe rimasta la tipica fissa adolescenziale per un cantante, una di quelle storie d'amore in cui due persone stanno insieme ma l'altra non lo sa, insomma tutto sarebbe rimasto nei ranghi di una cotta da quindicenni se non fosse che un giorno ho visto un tizio a scuola identico a lui. E, sventurata, ho abbracciato la mia croce per tutte le scuole superiori.

Roger di qua, Roger di là, mi firmavo Marianna Waters, mi innamoravo ogni giorno di più dell'idea di lui e idealizzavo pure quell'altro, il tipo in carne ed ossa, che un po' mi voleva, un po' no, ma che soprattutto aveva a fastidio che potesse volermi qualcun altro.

Non vi racconto tutte le manfrine che sono successe in quegli anni, so solo che le ricordo con un misto di rabbia per il tempo perso appresso alla persona sbagliata (quella che poi è stata fidanzata per un certo periodo con una delle mie migliori amiche d'infanzia - ma com'è che certe storie vanno tutte a finire così? attente a chi vi scegliete per confidente...) e di tenerezza per la ragazzina romantica, completamente flippata, assurdamente infatuata di una persona che non conosceva e che forse nemmeno esisteva.

A volte ripenso a quei batticuori e, se sono intensi come li ricordo, forse ne è persino valsa la pena. 

Caro Roger Waters, mi hai inguaiato l'adolescenza.
Ed è stata bella anche così :-) 

lunedì 19 settembre 2011

Yo-yo, Sisters!

Ci sono tre tipi di yo-yo nella mia vita.


Uno è questo (carina la versione Google, eh?). Ci ho giocato per anni e c'è stato un periodo in cui era la sorpresina più ambita, quando aprivo un pacchetto di patatine unte e straunte. La mia abilità nel farlo roteare si limita al movimento su-giù e viceversa: somma stima per chi riesce a farlo muovere a 360° come se la forza di gravità non esistesse.



Poi c'è questo, che a guardarlo così, considerando che ho memoria del giorno in cui fu lanciato sul mercato sotto forma di merendina sbriciolosissima, mi fa capire quanta acqua è passata sotto ai ponti. Sigh.



E poi c'è questo, lo yo-yo che mi perseguita da anni, quello che è dentro di me. La consapevolezza che anche Janet Jackson ne soffra, di tanto in tanto, mi consola, devo ammetterlo. Ecco la mia storia.

Nasco come bambina inappetente e arrivo ai 10 anni sovrappeso. A dodici anni dimagrisco di botto e rimango magra fino ai 22 anni. Poi ingrasso a dismisura e a 30 anni decido di mettermi a dieta perdendo 20 kili. Riprendendone 12.

Ieri, in spiaggia, mi chiedevo come ho fatto ad attraversare tante fasi di peso nella mia vita. In cerca spasmodica di un'etichetta che possa definirmi ("storicamente magra"? "diversamente grassa"? "tondeggiante a fasi alterne"?), faccio il conto degli anni in cui sono stata magra e di quelli in cui mi sono lasciata andare.

Non so com'è successo: ho sempre mangiato con uguale passione e la mia tiroide non ha problemi. Come ho potuto tornare ai pesi massimi dopo esser stata in forma per soli 12 mesi? Davvero il mio karma è a forma di Yo-yo?

Di sicuro la tendenza familiare è verso la pinguedine: gli zii, i nonni, tutti sovrappeso. Si salvano i miei genitori, a causa di mia madre che è fissata con la bilancia, vede il cibo quasi come un peccato religioso e mi tormenta con frasi come "tu non ti vuoi bene" et similia.

Di dieta, in questo momento, non ne parlo per sfinimento: l'idea di affrontare di nuovo tutta quella sofferenza mi abbatte. Ammetto di aver cominciato a contemplare l'utilizzo di abiti per grandi forme, giusto per sentirmi magra dentro qualche cosa. Che poi, grandi forme: se penso che Carré Otis veniva considerata sovrappeso, con quel po po' di fisico che si ritrovava... E vogliamo parlare di Crystal Renn e Jennifer Hudson, le due paladine del "mi piaccio come sono" che appena arrivate al vero successo hanno cominciato a dimagrire? E no, e non si fa così!

Però l'idea di accettarsi per quel che si è non è male affatto. Vorrei solo capire se è la magrezza, la mia condizione naturale, o se invece la mia costituzione tipo è questa specie di marshmallow in cui mi sono trasformata...

E pensare che a 54 kili mi sentivo grassa. Quanto tempo sprecato a farmi complessi!

martedì 13 settembre 2011

Diavoli che fanno pentole, e santi coperchi. Ovvero: la mia esperienza con Magic Cooker, i coperchi "magici" per cucinare.

Organizzate una presentazione di qualcheché a casa vostra? Invitatemi: io faccio numero.

Purtroppo le presentazioni porta a porta non sono quelle di una volta, anche la rima lo suggerisce: da quanti decenni non vi arriva un'esortazione ad andare ad incontrare una presentatrice Avon o Anthesis a casa di un'amica? Vi dico solo che sto aspettando che qualche conoscente mi coinvolga in una serata Tupperware: quando ero a Roma me ne persi una per motivi che manco ricordo e da allora non mi hanno più invitata. Sarò stata depennata a vita dagli elenchi del Signore dei contenitori per alimenti.

Io vado normalmente a tutte le presentazioni a cui mi invitano: la sottile arte del parlare in pubblico mi affascina, trovo che il marketing diretto offra spesso maggiore intrattenimento di uno spettacolo teatrale, senza nemmeno il costo del biglietto (sempre che si resista all'acquisto, ovviamente).

La migliore dimostrazione a cui ho assistito è stata quella del famigerato Bimby. Caro Bimby, se sei in ascolto: ti avrò. Sappilo.

La signora che lo presentava fu insistente ed invadente ai limiti della denuncia per stalking, al termine dello show, ma devo ammettere che era stata brava nel suo lavoro. Cucinò roba per mangiare ai quattro palmenti: fra pizza, sorbetti, creme pasticcere, purè, sughi, pasta, frittata al vapore, ci intrattenne piacevolmente per più di due ore. 

L'ultima presentazione a cui ho assistito, invece, è stata purtroppo quella che mi ha soddisfatta di meno.

I due coniugi che cercavano di decantare le virtù dei coperchi magici "Magic Cooker" avevano portato con sé un dvd esplicativo le cui immagini viravano tutte al rosa e, cosa abbastanza inquietante, mancavano totalmente di audio. Vi risparmio la spiegazione concreta del funzionamento di questi coperchi, per i dettagli tecnici vi rimando al link http://italia.magiccooker.net/. Quello che posso raccontarvi è che, sfortunatamente, la moglie era alquanto emozionata e ha sbagliato due o tre passaggi; di poi, avevano dimenticato lo spargifiamma (fondamentale in alcune preparazioni, perché altrimenti la cottura non riesce ad essere uniforme). Alla fine, la pasta alle melanzane presentataci aveva un sapore vagamente ospedaliero, la frittura di calamari era un po' gommosa e le patatine erano ottime, alcune, altre invece erano mosce.

Il prezzo del singolo coperchio è, secondo me, proibitivo: 59 euro per la versione dal diamentro di 25cm. I presentatori sostenevano che non valeva la pena prenderne uno solo, perché dai due in poi comincia il risparmio e sicuramente, provato il primo, viene voglia di prenderne un altro più grande (il pezzo da 25, ovviamente, non può essere usato su misure superiori). Pensate che c'era anche l'"offerta" con le pentole al titanio: due pentole e tre coperchi, alla modica cifra di 410 euro. Cheeeee?????

Io non ho acquistato, ma c'è chi lo ha fatto.

Personalmente, mi resta la curiosità di capire se in mano a cuochi più esperti questi coperchi possano fare davvero la differenza: la pasta si è cotta in un bicchiere d'acqua e i fritti in pochissimo olio, cosa che renderebbe questo genere di cottura ottimo per chi vuole una cucina più salutare. Mi piacerebbe però sapere se è proprio necessario rinunciare al gusto!

Perciò, Signore e Signore: se vi capita di ospitare una dimostrazione sui coperchi, tenetemi presente, ho davvero bisogno di fare un confronto con presentatori più capaci.

Poi, se vi dovesse arrivare notizia di una riunione Tupperware...

lunedì 8 agosto 2011

Chihuahua!

E' l'alba di una nuova era, per me.

Non so più nemmeno io da quanto tempo non mi sentivo così spumeggiante, friccicarella, curiosa, in una parola: felice.

Il motivo è presto detto: sono andata a vivere da sola.

Non è la prima volta che faccio questa esperienza, in realtà: già ai tempi in cui lavoravo a Roma, ho abitato per un bel po' fra me e me, e ritornare alle patrie dimore a causa della disoccupazione era stato un trauma, una forzatura troppo grande.

Finalmente sono riuscita a ripristinare il mio equilbrio, addirittura in meglio: ci ho messo anni, ma ho recuperato me stessa. Mentre a Roma vivevo in una casa ammobiliata e c'era poco che potessi esprimere, per quel che concerne il mio gusto in fatto di arredamento e quant'altro, qui il discorso è completamente diverso. E' come se stessi ascoltando me stessa, la mia vera voce, per la prima volta.

L'ho davvero capito solo adesso, e a riprova di ciò vi porto il fatto che ho cominciato a pensare, seppure lontanamente, ad un cane o ad un gatto da tenere con me.

Non adesso: me la godo troppo, da sola. Mi piace proprio l'idea di essere in compagnia di me stessa e basta: mi sto studiando, mi incuriosisco molto.

Prima o poi, però, credo vorrò accogliere un amico a quattro zampe nella mia vita: siccome a casa dei miei era fuori discussione, non c'era voglia né di Fido né di Gatto Silvestro, non mi sono mai realmente posta il "problema". L'idea, però, di poter finalmente fare di testa mia, mi inebria, ha dell'incredibile per me. Ho sempre creduto che un giorno avrei avuto un gatto, ma più ci penso e più credo di non voler essere limitata nella mia voglia di viaggio, né tantomeno di voler imporre ad un micio le mie velleità esplorative. Allora ho pensato che forse per me andrebbe bene l'anello di congiunzione fra il canide e il felino: il chihuahua.

Detestato da molti, anche a causa dell'uso e abuso che Paris Hilton ha fatto del suo povero Tinkerbell, io provo una tenerezza fortissima per il tremebondo esserino dalle zampette sottili e dagli occhi à là Marty Feldman: credo potrebbe essere il cucciolo per me.

Non sono ancora sicurissima di voler fare questa scelta, ma se un giorno dovessi scegliere un nuovo amico, so già come lo chiamerei: Schwarzenegger, come il chihuahua del fumetto Rat-Man.

Dite che si offenderebbe?!

giovedì 28 luglio 2011

Per travestirsi da pin-up ci vuole il costume adatto, non trovate?

Care Ragazze,
credo siate tutte a conoscenza della mia passione per il look da pin-up. Non è un amore sbocciato sull'onda del successo del Burlesque o di Dita Von Teese, ma un interesse che coltivo da sempre. 

Fra i miei libri c'è una piccola collezione di stampe di Gil Elvgren, grandissimo maestro dell'illustrazione specializzato proprio nelle immagini delle allegre donnine ben toelettate e quasi sempre con autoreggente a vista (che distanza dalle attualissime calzette della ministra Brambilla che spuntano sempre in modo inappropriato nelle occasioni ufficiali...).

Inseguo da tempo immemorabile i libri su Alberto Vargas, Ted Withers e George Petty, ma senza successo.

Nella vita di ogni giorno, purtroppo, credo ci siano poche donne lontane quanto me dall'immagine delle pin up. Un po' non penso mi donerebbe una capigliatura alla Betty Page (o alla Betty Grable!), un po' il fisico non mi consente particolari slanci (e comunque l'autoreggente a vista, in ufficio, non è molto consona).

Se nella vita di tutti i giorni riesco a farmi una ragione del fatto di non essere una pin-up, in campo di abbigliamento di marino stento a contenere il mio desiderio di procurarmi un costume come quello che vedete nella foto.

Lo vende il sito http://www.net-a-porter.com/ ma costa un patrimonio (è di Norma Kamali ed ha un prezzo di 355€...). Vorrei poterne trovare una versione più abbordabile, anche nera, solo che temo rimarrei profondamente delusa nel vedere i miei piani di morbidezza debordare dalle cuciture.

Se da un lato sento che realizzare un sogno come questo può essere fonte di cocenti delusioni, dall'altro credo che cominciare ad usare un costume da pin up potrebbe essere un buon punto di partenza per diventarne una :-)

Consigli per l'acquisto?

  

giovedì 21 luglio 2011

La nuova posizione del Lotus: Original Speculoos à tartiner

 

Questo post mi provoca un dolore incommensurabile.

Una sera di luglio, la nostra Kalligalenos mi si è presentata col vasetto che vedete nella foto e un cucchiaio. Da quel momento, la mia vita è cambiata e il mio palato si strugge nel ricordo.

Fortunati o voi mortali che non avete mai assaggiato la Crema Lotus Speculoos: come se non bastasse il fatto di essere superipermegaultracalorica, questa delizia indimenticabile possiede anche l'aggravante di non essere reperibile in Italia.

Di origine belga, i biscottini al caramello della Lotus sono già di loro qualcosa di godurioso, lussurioso e qualsiasi altro termine che finisca in "-oso" possa venirvi in mente. Credo possano essere reperibili in qualche Auchan, ma non so quanto siano diffusi da noi. In ogni caso, i biscotti non bastavano: questi pazzi pazzi belgi dovevano creare la libidine suprema, inventandosi la crema di biscotto.

La parola "à tartiner", che in Italiano credo significhi "spalmabile", mi evoca ogni sorta di perversione alimentare. Adoro le creme "à tartiner", tutte: non solo la comune maionese e la mai abbastanza lodata Nutella, ma anche cose più intensamente grasse come il burro di arachidi e il Marmite (che in Italia credo non sia mai stato importato). Che si potessero spalmare anche i biscotti (e che biscotti!), non mi era mai nemmeno lontanamente passato per la testa. 

Siccome purtroppo ho incontrato la crema di Speculoos (nome alquanto inquietante, non trovate??), non posso più ignorarla: dovrò capire come procurarmela o come crearne una versione casalinga che non si avvicinerà nemmeno lontanamente all'originale ma che utilizzerò come una sorta di palliativo.

Qualcuna di voi fa un giretto in Francia? Se me ne portasse sei o sette casse gliene sarei grata...    

martedì 19 luglio 2011

Le mie ossessioni tecno-culinarie: la macchina per il pane della Moulinex.

Io so perché tutto ciò sta accadendo.

Dopo aver passato 33 anni in casa con la mia mamma, nemica del microonde e della pentola a pressione, ora che sono andata a vivere da sola ho semplicemente necessità di pareggiare i conti col progresso in cucina.

L'evoluzione degli usi e costumi alimentari della razza umana urbana, in tutto questo tempo, non ha mai potuto nemmeno sfiorarmi, perciò sto progettando di trasformare la mia cucina (la MIA cucina, che bello poterlo dire!) in una specie di astronave.

Dall'affare che rimescola sughi e salse da solo perché lo lasci a passeggiare nella tua pentola, alla Sloow Cooker della Kenwood che fa ragù e stracotti come nessuna mai; dal Bimby che produce il più sensazionale purè che abbia mai assaggiato, alla centrifuga che mi consentirà di sorseggiare il drink salutistico dei miei sogni. Ormai la mia lista dei desideri in cucina è diventata kilometrica e, di volta in volta, vi terrò aggiornate sugli articoli che verranno depennati.

Menzione speciale va alla macchina per il pane. Tanti sono i marchi che la producono: l'economica Severin e la più complessa Kenwood, ne ho vista una interessante della De Longhi, ma anche una basica e piuttosto allettante (visto il prezzo irrisorio) della Irradio (sic! Proprio quella degli autoradio!). Io, però, voglio quella della Moulinex. Ce ne sono due tipologie, credo differiscano per circa 30 euro. Quella che vorrei acquistare, la vedete in foto: ovviamente, trattandosi di me, è quella che costa di più, perché è in grado di sfornare anche baguette, cosa che le "normali" macchine per il pane non fanno. Questo genere di elettrodomestico, leggo, ha qualche controindicazione: in primis, quella di utilizzarlo per un paio di volte e poi archiviarlo; oppure, al contrario, di utilizzarlo talmente tanto spesso, causa inebriamento da profumo di pane appena sfornato, da far metter su peso a tutta la famiglia in un battibaleno (me ne parlava la nostra Kalligalenos, testimonianza diretta di una sua amica).

Potenzialmente potrei essere vittima di entrambe le eventualità, ma ormai l'idea di possedere questa macchina del pane è talmente forte che non riesco a scacciarla. Voglio il pane alle patate, quello alle olive, gli sfilatini al curry e il pane ai funghi, quello alle zucchine, quello alla melassa, le baguette alla francese e il pane in cassetta americano.

E se non la utilizzerò abbastanza, pazienza: dopo tutto, potrò sempre rivenderla su Ebay :-)

lunedì 18 luglio 2011

"Baciami la bocca, Cava de' Tirreni!" 16 luglio 2011, Jovanotti allo Stadio Simonetta Lamberti

 

Intendiamoci: non voglio che questo blog divenga il luogo dove posto le mie foto lillipuziane dei cantanti che vado a vedere. Però, dopo un'esperienza così esaltante, dovevo assolutamente trovare il modo di condividere l'emozione.

Lo Stadio Simonetta Lamberti di Cava de' Tirreni è un luogo di culto,  per gli appassionati di musica in Italia. Ribattezzato col nome di una piccola vittima della camorra, rimasta uccisa in un agguato riservato al padre, negli anni '80 questo stadio ha ospitato grandissimi nomi come Pink Floyd e Dire Straits. Pino Daniele ha scelto di trarre un album dal concerto che tenne qui nel '93 (il bellissimo "E sona mo'") e i Guns 'n Roses avrebbero di sicuro fatto storia al Simonetta Lamberti, se il concerto non fosse stato cancellato a causa delle proteste dei residenti, che coi Pink Floyd in particolare avranno di sicuro perso buona parte dell'udito per qualche giorno. Mio fratello aveva il biglietto, lo ricordo ancora: nero e viola, sottilissimo com'erano i biglietti all'epoca. Fu fotocopiato a caro prezzo (all'epoca non era così frequente, richiedere fotocopie a colori) e restituito per il rimborso.

Prematuramente scomparso l'organizzatore di eventi che aveva portato tanto lustro nella cittadina che vive gomito a gomito con Salerno, il Simonetta Lamberti è tornato nell'oblio. Questo fino a pochi anni fa, quando una serie di interessanti concerti (in primis, una bella esibizione di Baglioni, nel 2008) lo hanno riportato in auge. Due settimane fa, ancora una volta Pino Daniele ha omaggiato questo stadio scegliendolo come luogo per la sua indimenticabile esibizione con Eric Clapton, e anche lì posso dire: io c'ero.

Jovanotti non è il mio cantante preferito e dubito che lo sarà mai: se sono andata a vederlo è perché ho una simpatia incommensurabile per lui, mi sembra una persona talmente solare, positiva e perbene che volevo semplicemente approfittare di questa sorta di esperienza di amore collettivo che è il concerto dal vivo di un personaggio così pirotecnico e così amato. Poi, mi auguravo di sentire "Gimme Five" dopo più di venti anni: scommetto che nessun altro era lì con lo stesso intento...

In ogni caso: ero pronta per un'esperienza di pace e buoni sentimenti e ammetto di aver anche sbadigliato nell'attesa. Poi, invece, il delirio.

Dopo anni di canzoni tutte cuore e amore, avevo dimenticato che in origine il buon Lorenzo è soprattutto un deejay, e infatti ha trasformato lo Stadio Simonetta Lamberti in un'enorme discoteca a cielo aperto.

La telecamera filtrava ogni singolo movimento di questo 44 enne che si muove come se fosse fatto a molle e lo restituiva sotto forma di bolle, di fili, di ragnatele, rettangoli e quadrati, una sorta di esperienza di videoarte dal vivo pazzesca, senza contare le luci, i sintetizzatori al massimo dello sforzo e quintali e quintali di ghiaccio secco. 2 ore e passa di trance e di musica, di balli, di cori e coriandoli. In questo grandissimo circo di gioia, un ragazzo ha passato a Jovanotti un cartello in cui gli chiedeva di porre per suo conto la fatidica domanda alla fidanzata, e giù lacrime, festoni, cuoricini di stagnola che volteggiavano nell'aria, con la commozione del cantante che all'improvviso si è ritrovato a guardare il pubblico diventare uno spettacolo nel suo spettacolo.

Se ripenso al Jovanotti che ho amato io, coi bracaloni a stelle e strisce, i cappellini al contrario, le catene, le canotte da basket e le sneakers ai piedi, il Jovanotti che non aveva nemmeno 20 anni e la cui chiamata al servizio di leva fu una specie di evento mediatico per il semplice fatto che aveva dovuto sfilarsi l'orecchino, guardandolo oggi con la barba, le rughe, i suoi cambi d'abito e le scarpe di glitter, mi rendo conto che di acqua sotto ai ponti ne è passata a litri e litri.

Jovanotti che veniva criticato per canzoni come "Vasco" o "E' qui la festa", accusato di scrivere testi al limite del decerebrato, e Jovanotti che con le stesse canzoni e lo stesso "pensiero positivo" costituì l'unico appiglio alla vita per Cesare Casella, nei giorni della sua prigionia; Jovanotti e la sua svolta sixties, con le camicie a fiori, e Jovanotti che finisce nei film di Pieraccioni, con Bud Spencer che canta "Serenata rap"; Jovanotti che dice "Io lo so che non sono solo anche quando sono solo" al fratello morto in un incidente e Jovanotti che ipnotizza Cava de' Tirreni il 16 luglio 2011.

Io mi sono divertita tantissimo a guardarlo, in tutti questi anni ma soprattutto l'altro ieri.

E non è stato nemmeno necessario che cantasse "Gimme Five!" per rendermi felice.

mercoledì 6 luglio 2011

Signore e Signori... Ringo Starr!! 4 luglio 2011, Auditorium della Conciliazione (Roma)


Ebbene sì, "l'uomo senza volto" che vedete seduto alla batteria in questa foto è proprio il mitico batterista dei Beatles. 

Sicuramente sarebbe stato meglio se fossi riuscita a postare una foto più definita, ma l'entusiasmo che questo concerto ha generato in me è tale che non potevo aspettare nemmeno un attimo, dovevo assolutamente condividere con voi questa gioia!!!

Il concerto romano del 4 luglio, all'Auditorium della Conciliazione, ha visto Ringo Starr e la sua All Starr Band alternarsi alla voce e agli strumenti per presentare un repertorio di canzoni, dei Beatles e non, abbastanza vasto.

Ovviamente il buon Ringo, che conosce quanto i suoi fan siano dei puristi, non si è "azzardato" a cantare canzoni che originariamente non prevedevano la sua voce. Nella fattispecie: non ho ascoltato "Yesterday" dal suo vocione, però "Yellow Submarine" sì.

I musicisti della All Starr Band sono per lo più ex frontman e musicisti di gruppi per così dire minori (rispetto ai Beatles, almeno!). Tra l'altro, questa è l'11a formazione che va in tour: in passato, fra i musicisti che hanno fatto parte dell'All Starr band ci sono stati anche Greg Lake (il mio amato! frontman degli Emerson, Lake & Palmer), Sheila E (ex batterista di Prince), Jack Bruce (bassista e voce dei mitici Cream) e il sessionman Paul Carrack.

In effetti, la All Starr Band che ho visto io vede in lizza personaggi decisamente meno noti:



  • Wally Palmar, leader della band anni '80 The Romantics 8chi ricorda "Talking in your sleep"?);


  • Rick Derringer, dei McCoys;


  • Edgar Winter, fratello del più famoso Johnny, ma altrettanto virtuoso (un polistrumentista eccezionale!);


  • Gary Wright (solo io ricordo "Dream Weaver"?);


  • Richard Page, della band anni '80 Mr.Mister, la loro hit più conosciuta è "Broken Wings";


  • Gregg Bissonette, batterista sessionman per vari artisti, fra i quali ricordo Steve Vai e i Toto.




  • Per quanto alcuni di essi (o tutti, a seconda di quanto certe decadi musicali vi abbiano lasciato un ricordo) non siano particolarmente noti ai più, ognuno di loro ha avuto a propria disposizione almeno un assolo in cui dare piena mostra del proprio talento. Se Edgar Winter era un diavolo scatenato alla sua veneranda età, Rick Derringer ha fatto uno show che nemmeno Eric Clapton (e sì che sono fresca anche dell'esibizione di Slow Hand con Pino Daniele, qualche giorno fa a Cava de' Tirreni).

    E qui va per forza un inciso.

    Ringo Starr ha 71 anni.
    (I suoi musicisti, forse, qualcosina in meno, ma giusto qualche annetto)

    Quando suonava con la sua "vecchia band" (così ha amato riferirsi ai Beatles per tutto il corso del concerto) è entrato sul palco correndo, lasciando piacevolmente stupito tutto il pubblico: stava da dio. Da lontano non gli avrei dato più di 40 anni: magro, vestito da strafigo, sicuramente tinto ma con tutti i capelli in testa, allegro, spiritoso, dinamico.

    Per uno che nella vita ha assunto di tutto, mi pare possa dirsi davvero fortunato per la forma fisica che ha.

    La platea ha accompagnato il concerto con continui "I love you, Ringo!!!".
    Io, che sono una Beatle fan da quando ho memoria di me stessa, ho pianto a singhiozzi e urlato per tutto il tempo come se fossimo stati nel 1963, invece che nel 2011. Mancava solo lo svenimento e il mio contributo alla leggenda sarebbe stato completo.

    Mi sarei aspettata qualche canzone dei Beatles in più: "I wanna be your man", "Boys", persino "Act Naturally" e, ovviamente, "With a little help from my friends", però mancavano "Octopusses' garden" e "Don't pass me by". Chissà perché.

    A fine concerto, era d'obbligo una sortita all'uscita artisti per strappare un autografo, ma il buon Ringo non si è fatto vedere: che abbia rispettato la vecchia tradizione dei tempi dei Beatles, quando uscivano dai teatri nei bagagliai delle auto, per evitare l'assalto della folla?

    Per certi versi, mi piace pensare che anche questa volta sia andata così.





    venerdì 1 luglio 2011

    Guardate Mirna Loy nel film "La casa dei nostri sogni"... Ecco il mio approccio all'arredamento...

    http://www.youtube.com/watch?v=px9gAgpQIFI&sns=em

    Io vivo allo Småland: cronaca di un pomeriggio all'Ikea

    Qualche tempo fa ero "figlia di famiglia", ovvero vivevo coi miei: all'Ikea ci andavo giusto per lustrarmi gli occhi al pensiero della mia futura casa.

    Oggi che sto arredando l'appartamento che sarà solo mio, almeno all'inizio, ho pensato di traslocare all'Ikea in attesa di trasferirmi nella casa "nuova".

    Praticamente, ormai vado all'Ikea una volta alla settimana: preferibilmente il venerdì, che ho mezza giornata in ufficio e mi posso regalare anche un pranzo a base di salmone marinato, muffin bio e, per compensazione, patatine svedesi straunte.

    All'Ikea ho preso diverse cose, fra cui i mobili per il bagno: il mio fidanzato, che è un po' MacGyver, li ha anche modificati sulla base delle nostre esigenze e mi è parso felice mentre maneggiava con piglio esperto l'avvita-e-svita.

    Ho preso anche un mobile per la lavatrice fantastico, due tende, qualche ciuciuliarìa per la cucina e due lampadari, fra cui quello che sembra fatto di enormi margherite e che ormai è nelle case di tutti (ce l'ha pure la tizia che affaccia sul mio ufficio).

    Non ho preso e non prenderò all'Ikea tre cose fondamentali (cucina, armadio e divano), ma ho già ampiamente acquistato tutte le sciartapelle svedesi che potevo, fra casalinghi ed alimentari.

    Oggi, però, mi sono superata. Acquistando all'Ikea anche la tavoletta del water, ho capito di essere arrivata al punto di non ritorno: casa mia si sta trasformando nello Småland.

    È capitato anche a voi di ammalarvi di Ikeite acuta? Dite che se ne puó guarire?!

    giovedì 30 giugno 2011

    Sciartapella numero 1: manga!

    In una domenica pre-estiva dei miei 33 anni, "Kiss me Licia" è tornato nella mia vita.

    Per strane associazioni di pensiero, questo cartone mi riporta ai pomeriggi d'infanzia passati a guardare la tv, dopo il mare. A riguardarlo dopo anni, l'immedesimazione è stata talmente forte che riconoscevo le strade attraverso le quali si muovevano i protagonisti, proprio come se fossero state vie della mia città.

    Kiss me Licia ha avuto un successo enorme da noi, mentre in Giappone mi risulta sia stato un mezzo fiasco. La mangaka che ha disegnato il funetto originario è venuta a mancare qualche anno fa, ma ha avuto modo di sapere che la sua opera più nota aveva trovato in Italia un tale seguito da essere stata riprodotta anche in versione telefilm (io ho ancora gli incubi la notte al pensiero dei grembiulini e della parrucca di Cristina D'Avena!).

    Personalmente, la versione in carne e ossa mi è parsa sempre abominevole, mentre consiglio a tutte le romantiche la lettura del manga (rigorosamente con lettura alla giapponese: dall'ultima pagina alla prima e da destra verso sinistra).

    La storia è quasi completamente diversa e i personaggi sono simpaticissimi. Quante lacrime, e quante risate!

    Sono sicura che fra voi c'è qualcuna che ha amato questo manga quanto me: dopo tutto, un motivo ci sarà se il disco dei Bee Hive costa ancora 14 euro su ITunes...

    E' nato Sciartapelle! Una piccola presentazione :-)

    Care Ragazze,
    come sapete, in origine il blog è un diario online: la mia avventura con Profumissima, nel tempo, è andata ben oltre questo. Grazie a lei, ho conosciuto alcune delle persone che stimo di più al mondo, ho fatto viaggi, provato prodotti, accumulato esperienze e lezioni di vita indimenticabili.

    E' da un po' che mi frulla in testa l'idea di condividere con voi amiche qualcosa di più della semplice recensione del rossetto o dell'ombretto: voglio parlarvi di tutto un po', e vorrei che anche voi partecipaste a quella parte della mia vita che non è legata alla cosmesi (vi assicuro che esiste!).

    Per esempio: sapete che sto andando a vivere da sola? Nuove frontiere si aprono davanti ai miei occhi... Di shopping, ma non solo! 

    Sciartapelle non vuole essere necessariamente un diario, o un sito di recensioni: è piuttosto un test, una sorta di lavagnetta magnetica su cui di volta in volta appunterò pensieri, immagini di oggetti, racconti... Insomma, quello che verrà, se verrà. 

    A proposito, mi chiamo Maria Anna: vi va di prendere un caffè con me su Sciartapelle? Vi aspetto :-)